“Finestre Rotte” project for TEDxBari 2017

Curated by Vittorio Parisi
Thanks for the pics Mario Nardulli (Pigment Workroom)

Un muro pulito significa una città più sicura? Sì, se diamo per buona la fantasiosa Teoria delle finestre rotte. Secondo James Q. Wilson e George Kelling, i due criminologi americani che la formularono nel 1982, gli individui sarebbero più propensi a commettere crimini in aree urbane poco curate. Segni di disordine e incuria come una finestra rotta, un muro sporcato da scritte o anche la presenza di mendicanti porterebbero, quindi, a un incremento delle attività criminali.

Nel 1993 la teoria ha ispirato una delle più celebri campagne repressive contro i senza fissa dimora, i lavavetri abusivi e i graffiti writers, portata avanti dall’allora sindaco di New York Rudolph Giuliani, e conosciuta come “Zero Tolerance”.

L’esito più pericoloso della teoria delle finestre rotte è proprio quello di equiparare un’infrazione minore ad un crimine, e di punire senza possibilità d’appello persone appartenenti alle classi sociali più basse, facendo leva sulle paure del cittadino “per bene” e sulla percezione di sicurezza di quest’ultimo.

A distanza di più di trent’anni, quella stessa ideologia del decoro continua ad esercitare il suo fascino su politici e amministratori italiani, fornendo loro una scorciatoia per costruire consenso sulla paura sempre più diffusa per il diverso. Ne è una prova il recente decreto Minniti e le sue misure repressive in favore dell’ordine pubblico, su tutte il cosiddetto “daspo urbano”.

Dalla teoria di Wilson e Kelling, il nostro intervento effimero prende il nome: Finestre rotte. Esso mira, attraverso la sedimentazione di più linguaggi artistici – fotografia, trompe l’oeil architettonico e graffiti – a ripensare simbolicamente il diritto allo spazio pubblico: una finestra rotta è la causa o l’effetto di una situazione di disagio sociale e urbano? Perché una tag ci turba e ci indigna più di un qualsiasi cartellone pubblicitario, o di un manifesto elettorale?

Facendoci queste e altre domande, abbiamo incollato alcuni poster fotografici a grandezza naturale, raffiguranti finestre dai vetri infranti, dalle tapparelle arrugginite o dalle ante sgangherate, sui muri di quartieri periferici come San Girolamo e San Giorgio. Ne abbiamo affissi altri, raffiguranti saracinesche di palazzi signorili, nel “salotto buono” cittadino, in centro e nella città vecchia. Queste finte saracinesche sono poi state “sporcate” con pennarelli e bombolette spray.

La nostra idea è di giocare con la percezione del disordine urbano: come reagiamo quando un nuovo elemento di disturbo spezza improvvisamente l’ordine quotidiano delle cose? E se quell’elemento, sia esso una finestra rotta o una saracinesca ricoperta di tag, si rivelasse frutto di un’illusione ottica? Se scoprissimo, poi, che quell’illusione di degrado è parte di un progetto artistico, che gode della cornice rassicurante di un’organizzazione come TEDx? Quel disordine, quella bruttura, diverrebbe improvvisamente più accettabile? Quella sporcizia sarebbe più “bella”, più rassicurante, più ordinata?

Vittorio Parisi